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Sviluppo del linguaggio nel bambino dagli 0 ai 3 anni

Infanzia

Sviluppo del linguaggio nel bambino dagli 0 ai 3 anni

 

Sviluppo della comunicazione e del linguaggio nel bambino dagli 0 ai 3 anni

Redattrici: Amélie LombardJustine Poigné, logopediste.

È importante ricordare che ogni bambino si sviluppa con il proprio ritmo; i riferimenti relativi allo sviluppo che illustreremo di seguito, dunque, corrispondono a età medie di acquisizione. Potrebbero verificarsi leggere variazioni tra soggetto e soggetto che non per forza indicano un ritardo nello sviluppo della comunicazione, ma che dovranno comunque essere attenzionate. Da un punto di vista verbale, secondo il linguista Ferdinand de Saussure la lingua corrisponde a un sistema astratto di segni corrispondenti ognuno a un’idea concreta (F. de Saussure, Cours de linguistique générale, Paris, Grande Bibliothèque Payot, 2000). Tale sistema viene avviato nella collettività, come, ad esempio, all’interno di una stessa comunità, dove il bambino sviluppa la propria lingua madre ascoltando parlare le persone che appartengono al proprio entourage. La lingua è regolata da un codice lessicale, fonetico, fonologico e morfosintattico. La parola, sempre secondo Saussure, deriverebbe da un perfezionamento individuale della lingua. Il linguaggio ha lo scopo di comunicare un messaggio da un emittente verso un ricevente per mezzo del codice orale, grafico o gestuale.

Sviluppo del linguaggio prenatale

Il linguaggio comincia a svilupparsi nell’utero materno. Secondo svariati studi, le aree cerebrali dedicate al riconoscimento e al trattamento dei suoni della parola iniziano a svilupparsi dal terzo trimestre di gravidanza. I condotti uditivi del feto si sviluppano già a partire dalla 30a settimana e sono rapidamente in grado di percepire suoni nella propria lingua madre, oltre che di differenziare le voci della madre dagli altri suoni circostanti (Bartha-Doering L., et al., 2019).

Prime vocalizzazioni e prerequisiti del linguaggio

Sviluppo classico della comunicazione e del linguaggio dagli 0 ai 12 mesi

Il bambino, dunque, possiede già competenze comunicative fin dalla nascita. Si esprime, infatti, con pianti e grida (riflessi biologici: fame, collera, dolore, reazioni alla frustrazione) che iniziano a differenziarsi solo dalla 3a settimana di vita extra uterina. È da quel momento che fanno la loro comparsa anche le prime vocalizzazioni (balbettii, rumori con la bocca, ecc.) che si distingueranno dai pianti e dalle grida. Il neonato reagisce ai rumori, riconosce le voci dei genitori e impara a fissare con lo sguardo, soprattutto i volti; ciò gli permette di poterli riconoscere. Dalla 6a settimana, compaiono i primi sorrisi e qualche piccola espressione facciale. Anche la gesticolazione e la modifica del tono muscolare, così come della postura, servono a comunicare. Tra i 3 e i 6 mesi, il lattante reagisce se chiamato per nome. Riesce a interagire per imitazione (mimica, suoni); iniziano a emergere volta per volta le prime vocalizzazioni. Il bebè emette suoni sempre più vari partendo dalle vocali (“aaaaa”), per passare poi alla ripetizione di sillabe (ad esempio: “bababa”). Parte il balbettio, tappa fondamentale nello sviluppo del linguaggio. Tra i 7 e i 10 mesi, il bambino è in grado di riconoscere i rumori ricorrenti della propria quotidianità, nonché di stabilire un contatto visivo con la fonte sonora. Il piccolo inizia anche a imitare i gesti significativi quali “ciao” o “bravo”. Capisce pure il senso del “sì” e del “no”. È in questo periodo che il balbettio si arricchisce; le sillabe prodotte sono sempre più varie e il bambino diventa capace di “dialogare” con l’adulto, utilizza, cioè, intonazioni e pause per ritmare il proprio gergo e imitare una conversazione.

Segnali di allerta della comunicazione e del linguaggio dagli 0 ai 12 mesi

Nei primi tre mesi di vita, è opportuno prestare particolare attenzione nel caso in cui dovesse sembrare che il piccolo non reagisca ai rumori, che non guardi chi gli parla o se dovesse presentare difficoltà nell’alimentarsi (difficoltà di suzione). In seguito, tra i 3 e i 6 mesi, l’assenza di sorriso sociale e di balbettii devono essere oggetto di un controllo ancora maggiore. Infine, tra i 7 e i 10 mesi, nel caso in cui il piccolo dovesse apparire passivo e non sembrasse dover reagire agli stimoli, o ancora, nel caso in cui l’ingestione di cibo solido dovesse essere per lui difficoltosa (rifiuto dei pezzetti, conati di vomito al momento di ingerire alimenti solidi, vomito frequente, aumento di peso troppo limitato), è opportuno consultare il pediatra che potrà, al bisogno, indirizzarvi verso un logopedista.

Come poter stimolare il bebè nel periodo 0-12 mesi?

Durante tale periodo, così essenziale per lo sviluppo del bambino, è importante fornirgli uno stimolo linguistico denso e variato. Il neonato è sensibile al contatto fisico (prenderlo in braccio, cullarlo, cercarne lo sguardo...) e apprezza i giochi sonori, i rumori fatti con la bocca, le filastrocche o le canzoni. Essendo, inoltre, attratto dalle variazioni dell’intonazione vocale, sarà opportuno, quindi, rallentare il flusso discorsivo accentuando alcune sillabe o parole nel momento in cui ci rivolgiamo a lui. Anche l’accompagnamento nel “bagno di linguaggio” è altrettanto fondamentale. Più precisamente, si tratta di verbalizzare le emozioni del bambino, così come le vostre, oltre che di commentare l’ambiente circostante (dare un nome agli oggetti, a ciò che mangia, agli indumenti, alle parti del corpo, ecc.), nonché le azioni della vita quotidiana.

Le prime parole del bambino

Sviluppo classico del linguaggio dai 12 ai 18 mesi

È a partire dai 12 mesi (in media) che possiamo assistere alla formulazione delle prime parole, associate in priorità all’uso di gesti. Tra queste prime parole, vengono pronunciate soprattutto le parole “papà”, “mamma”, “nanna” o “ancora”. Dobbiamo notare che, in tale periodo, alcuni termini possono essere decifrati solo dai genitori o dai familiari più stretti. Il piccolo capisce più parole di quante non riesca a emetterne. È, infatti, in grado di capire una trentina di termini corrispondenti a oggetti di uso quotidiano.

Segnali di allerta del linguaggio dai 12 ai 18 mesi

Ai segnali di allerta evocati in precedenza, si aggiungono la mancanza di pointing, il ritardo psicomotorio (il piccolo non riesce a stare seduto o tenere dritta la testa), o ancora la regressione (il bambino sembra perdere quanto già acquisito) e l’assenza di progressi.

Come poter stimolare il bebè nel periodo 12-18 mesi?

Il “bagno di linguaggio”, citato in precedenza, deve continuare e diversificarsi. Può essere interessante rivolgere al bambino piccole semplici frasi, raccontargli delle storie, sfogliare con lui libri di immagini adatte alla sua età, oppure cantargli delle filastrocche. Il passaggio al gioco simbolico (o al gioco del “far finta”) permette anche di stimolarne lo sviluppo, facendo, ad esempio, finta di mangiare, di telefonare, di occuparsi di un bambolotto come di un bebè, di curare, ecc. Durante il gioco, ma anche in tutte le altre attività quotidiane, è importante parlare al bambino, in modo da fornirgli un solido bagaglio lessicale e buone competenze comunicative.

Le prime frasi del bambino

Sviluppo classico del linguaggio nel bambino dai 18 mesi ai 3 anni

Mentre fino ad ora il bambino possedeva circa 50 parole nel proprio repertorio lessicale (corrispondenti in maggioranza agli oggetti di uso quotidiano), assistiamo a un’esplosione lessicale dai 18 mesi circa. Ciò significa che durante questo periodo il piccolo impara in media 10 nuove parole al giorno aumentando, quindi, considerevolmente la conoscenza del vocabolario corrente. Il bambino inizierà anche ad associare due parole (ad esempio: “mamma andata”, “camion rotto” o “no voglio”). Sarà il momento in cui, inoltre, inizierà a ripetere con maggior frequenza le frasi che ascolta. All’età di 2 anni (in media) possiamo annoverare all’interno del suo repertorio lessicale circa 50 termini che il bambino può impiegare in frasi composte da due o tre parole; è capace di utilizzare il proprio nome per indicarsi e conosce i nomi degli oggetti legati alla propria quotidianità (indumenti, giochi, alimenti). È questa l’età in cui inizia a comparire il gioco simbolico citato in precedenza. È sempre a 2 anni che il bambino inizia a opporsi e a impiegare il “no”. Intorno ai 2 anni e mezzo il piccolo può manifestare forti momenti di collera, testando i limiti e forgiando il proprio carattere. Il linguaggio è sempre più preciso; il bambino imita le produzioni verbali che ascolta, impiega via via più verbi e aggettivi, fa domande e comprende istruzioni più complesse, oltre che i colori e alcune nozioni spaziali. Infine, verso i 3 anni, il bagaglio lessicale è formato da 400-900 parole, le frasi prodotte sono sempre più lunghe e sempre più comprensibili. Il bambino sa utilizzare la parola “io” per parlare di sé.

Segnali di allerta del linguaggio nel bambino dai 18 mesi ai 3 anni

Verso i 18 mesi, dobbiamo preoccuparci se non indirizza lo sguardo (non guarda, cioè, il proprio interlocutore), se non pronuncia nessuna parola, se non utilizza gesti sociali (buongiorno, bravo, ecc.), se non è ancora comparso il pointing e permangono le difficoltà nell’alimentarsi. In seguito, verso i 2 anni, nel caso in cui il suo bagaglio lessicale non dovesse ancora contenere più che qualche parola, se non dovesse impiegare il proprio nome, né la parola “io” per parlare di sé, o se non imitasse scene di vita quotidiana, oppure se dovesse sviluppare frequenti otiti, sarà opportuno consultare il pediatra. Dai 2 anni e mezzo, ai segnali di allerta precedentemente citati si devono aggiungere i casi in cui il bambino non dovesse associare le parole e il bagaglio lessicale dovesse limitarsi a meno di 50 termini. Infine, a 3 anni, è opportuno controllare lo sviluppo del linguaggio nel caso in cui esso non manifestasse la capacità di apprendere nuovi vocaboli, non fosse in grado di costruire frasi o se non dovesse rispondere alle domande, se non dovesse mai prendere l’iniziativa per comunicare verbalmente, se il suo linguaggio dovesse essere poco comprensibile o se dovesse ripetere ciò che sente in maniera inappropriata (fuori contesto), o addirittura se si dovesse bloccare del tutto nel pronunciare le parole o se dovesse ripetere varie volte l’inizio delle stesse. È importante ricordare che non tutti i fonemi (suoni della lingua) sono acquisiti simultaneamente. È possibile, quindi, che le produzioni verbali del bambino possano risultare temporaneamente deformate, molto spesso semplificate (ad esempio la parola “cane” pronunciata come “ane” oppure “trattore” come “tattoe”). Tali variazioni fonologiche hanno tendenza a diminuire verso i 5 anni circa, per poi scomparire completamente. La persistenza di un difetto articolatorio necessita il parere di un medico che saprà orientare il genitore verso il professionista sanitario più adatto.

Come poter stimolare il bambino nel periodo 18 mesi-3 anni?

Come affermato in precedenza, è opportuno fornire al bambino un “bagno di linguaggio” ricco, vario e adatto alla sua età. Tale “bagno” gli permetterà di arricchire il proprio vocabolario, ma anche di sviluppare le proprie competenze sintattiche; sarà possibile riformulare i discorsi incompleti che emette in modo che possa basarsi su un modello per elaborare, innanzitutto, frasi semplici e corrette (18-30 mesi) e in seguito periodi corretti e più complessi (24-36 mesi e oltre). Anche il gioco rappresenta un mezzo privilegiato per stimolare il linguaggio. I giochi di imitazione possono essere proposti dai 18 mesi, quelli ad incastro dai 2 anni, mentre i giochi con i numeri o il memory dai 2 anni e mezzo; tutto ciò accompagnando il gioco verbalmente e fornendo modelli linguistici che il bambino potrà utilizzare per costruire il suo proprio linguaggio. Procedendo con lo sviluppo della motricità globale e di quella fine, sarà possibile, poi, proporre al bambino attività manuali (quali disegno, pasta modellabile, pittura con le dita, ecc.), altrettanti pretesti per lo sviluppo del linguaggio!

 

Fonti bibliografiche: https://www.fno-prevention-orthophonie.fr/
Barbier, I. (2011) Parle-moi!. Orthoédition Kail, M. et Fayol, M. (2007) L’acquisition du langage: Le langage en émergence de la naissance à trois ans, PUF